Modalità di soddisfacimento del subappaltatore nel caso di fallimento dell’appaltatore. Il credito del subappaltatore non è prededucibile anche nell’ipotesi di sospensione dei pagamenti verso l’appaltatore fallito.
Cassazione, Sezioni Unite Civili, Sentenza n. 5685 del 02/03/2020
Con la sentenza in oggetto le Sezioni Unite della Cassazione si sono interrogate se, in caso di fallimento dell’appaltatore, il credito vantato dal subappaltatore sia prededucibile nell’ipotesi in cui la stazione appaltante abbia disposto la sospensione dei pagamenti dovuti all’appaltatore in applicazione della c.d. “clausola di esigibilità” prevista nel precedente art. 118, comma terzo, del d.lgs. 163/2006.
In particolare, la Suprema Corte ha composto un contrasto giurisprudenziale formatosi sulla questione.
Ed infatti, secondo un primo orientamento (affermato con la sentenza n. 3402 del 2012), nel caso in cui la stazione appaltante abbia sospeso il pagamento nei confronti dell’appaltatore, l’unico strumento per sbloccare detta sospensione è quello di riconoscere al credito del subappaltatore il beneficio della prededuzione.
In base a tale impostazione, pertanto, il meccanismo dell’art. 118 del codice appalti, che configura il soddisfacimento del subappaltatore come condizione di esigibilità del pagamento dell’appaltatore, vale anche in caso di fallimento dell’appaltatore, posto è solo tale presupposto che consente al fallito di ottenere dalla stazione appaltante il proprio credito.
In questa prospettiva, si è dunque affermato che il credito del subappaltatore è prededucibile, poiché il soddisfacimento di quest’ultimo in via prioritaria è strumentale rispetto all’interesse del fallito e della massa dei creditori ad ottenere il pagamento dalla stazione appaltante.
Secondo un secondo orientamento, delineato con la sentenza n. 33350 del 2018, il subappaltatore deve essere invece considerato creditore concorsuale come tutti gli altri, nel rispetto della par condicio creditorum e dell’ordine delle cause di prelazione, non essendo il suo credito espressamente qualificato come prededucibile da alcuna norma di legge, né potendosi il medesimo considerare sorto in funzione della procedura concorsuale ex art. 111, comma 2, L.F.
Invece, il meccanismo di sospensione dei pagamenti dell’appaltatore previsto dall’art. 118, comma terzo, d.lgs. 163/2006, in caso di mancata trasmissione delle fatture quietanzate del subappaltatore, attiene alla fase esecutiva del rapporto di appalto con un’impresa in bonis, in funzione dell’interesse pubblico primario al regolare e tempestivo completamento dell’opera, e solo indirettamente alla tutela del subappaltatore quale contraente debole.
Di conseguenza, tale meccanismo non trova applicazione in caso di fallimento dell’appaltatore che comporta l’automatico scioglimento del contratto di appalto.
La sentenza in commento ha aderito a tale seconda impostazione, superando tutti gli argomenti sviluppati nell’ordinanza di rimessione, e svolgendo le seguenti precisazioni.
Nello specifico, le Sezioni Unite hanno chiarito che la tutela dei crediti dei subappaltatori, quale espressione dei principi comunitari in materia di piccole e medie imprese, non può di per sé giustificare deroghe, in via giurisprudenziale, al principio della par condicio, restando il subappaltatore un creditore concorsuale come gli altri, salve le cause legittime di prelazione.
Del resto, che la tutela del subappaltatore non sia incondizionata è dimostrato dal fatto che il pagamento diretto da parte della stazione appaltante è considerato anomalo e quindi revocabile ex art. 67 L.F. se effettuato con denaro che sarebbe dovuto essere destinato all’appaltatore fallito.
Inoltre, si è osservato che la regola della sospensione dei pagamenti può operare soltanto fintanto che l’appaltatore sia in bonis.
Essa, infatti, costituisce uno strumento di tutela delle committenti che, per veder rispettato il normale andamento dei lavori, possono interrompere i pagamenti in caso di mancato adempimento degli obblighi che l’affidatario ha verso i subappaltatori.
A seguito del fallimento dell’appaltatore, tuttavia, il contratto di appalto diviene inefficace ex nunc, dunque non più eseguibile, ragione per cui il suddetto meccanismo di sospensione dei pagamenti diviene inoperante.
In tal caso, la stazione appaltante può rifiutare il pagamento nei confronti della curatela solo se il fallito non ha eseguito le opere o non le ha eseguite a regola d’arte, ma non può invocare la sospensione dei pagamenti prevista dall’art. 118 citato.
Si è osservato, al riguardo, che la sospensione dei pagamenti costituisce un’eccezione di inadempimento (1460 c.c.) in quanto presuppone che il rapporto sia in corso poichè “è solo nella fase esecutiva del rapporto in essere che è consentito alle parti far valere reciprocamente adempimenti e inadempimenti contrattuali” (S.U. 5685 del 2 marzo 2020).
Inoltre, le Sezioni Unite hanno precisato che la tutela del subappaltatore è realizzata nell’attuale quadro normativo attraverso il meccanismo di pagamento diretto dei subappaltatori, nei termini di cui all’art. 105 d.lgs. 50/2016, e non mediante il meccanismo della sospensione del pagamento.
In definitiva, la Suprema Corte ha negato che il credito del subappaltatore sia prededucibile e che, quindi, vada soddisfatto in via prioritaria evitando la falcidia fallimentare, ritenendo che in assenza di una causa legittima di prelazione, individuata dalla legge, non possano essere valorizzate quelle esigenze, pur correttamente invocate dall’ordinanza di rimessione, di una tutela rafforzata del subappaltatore (quale contraente debole) non solo nella fase esecutiva nell’appalto ma anche e soprattutto nell’ipotesi di fallimento dell’appaltatore.