Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, Sentenza n. 10 del 2 aprile 2020
Il caso oggetto della fattispecie portata all’attenzione della Adunanza Plenaria è il seguente: un concorrente, secondo classificato all’esito di una procedura ad evidenza pubblica per la scelta di un appaltatore, proponeva ricorso avverso il diniego di accesso opposto dalla stazione appaltante in relazione a determinati atti della fase di esecuzione del contratto di appalto. In particolare, l’istante richiedeva di accedere ad atti contabili ed esecutivi del contratto di appalto, nel tentativo di dimostrare una qualche inadempienza dell’appaltatore tale da rendere ipotizzabile la risoluzione anticipata del contratto e motivava la propria richiesta dichiarando di essere titolare di uno specifico interesse, qualificato e differenziato, avendo partecipato alla gara per l’affidamento del servizio ed essendosi classificato al secondo posto.
La questione risolta è se, ed entro quali limiti, un soggetto, utilmente posizionatosi in una gara pubblica, possa accedere agli atti della fase esecutiva per verificare eventuali inadempienze dell’appaltatore, in modo da indurre la pubblica amministrazione a risolvere il contratto e, conseguentemente, ad affidargli l’appalto per effetto dello scorrimento della graduatoria.
La giurisprudenza del Consiglio di Stato è da sempre univoca nell’ammettere l’accesso documentale anche agli atti della fase esecutiva (v., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 25 febbraio 2009, n. 1115) laddove funzionale, ad esempio, a dimostrare l’originaria inadeguatezza dell’offerta vincitrice della gara attraverso la prova dell’inadempimento delle prestazioni contrattuali.
Del resto, l’accesso documentale agli atti della fase esecutiva è ammesso espressamente dall’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 che richiama, più in generale, la L. n. 241 del 1990. Quest’ultima ha esplicitamente riconosciuto l’accesso ad atti “concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale” (art. 22, comma 1, lett. e) della l. n. 241 del 1990). Non rileva, pertanto, che la fase esecutiva del rapporto negoziale sia tendenzialmente disciplinata da disposizioni privatistiche, poiché soprattutto questa fase rimane ispirata e finalizzata alla cura di un pubblico interesse. L’accesso documentale costituisce dunque, ai sensi dell’art. 22, comma 2, della L. n. 241/1990, “principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza”.
La Adunanza Plenaria ritiene, sulla base di tali premesse, qui sinteticamente accennate, che gli operatori economici che abbiano preso parte ad una gara siano legittimati ad accedere agli atti della fase esecutiva, a condizione che l’interesse attuale, concreto e diretto vantato preesista all’istanza di accesso formulata e non ne sia una conseguenza, poiché la stessa non deve essere impiegata con finalità meramente esplorative e di controllo generalizzato sulla regolare esecuzione del contratto. In buona sostanza, non sono ammissibili istanze generiche poiché, diversamente, l’accesso documentale sarebbe preordinato a individuare ex post un eventuale inadempimento dell’appaltatore, situazione che la legge espressamente vieta.
La Corte, in sede giurisdizionale, passa in rassegna i casi in cui è possibile rintracciare un interesse di siffatta natura, richiamando, ad esempio:
- le ipotesi in cui si venga a conoscenza di vizi che già in origine rendevano illegittima l’aggiudicazione (è il caso dell’insussistenza di un requisito dichiarato);
- le ipotesi di sopravvenuta illegittimità che impediscono la prosecuzione del rapporto (c.d. risoluzione pubblicistica, facoltativa o doverosa), per la perdita di un requisito in corso d’opera o per un’interdittiva antimafia;
- le ipotesi di grave inadempimento nella fase esecutiva del contratto che ne determinino l’inefficacia sopravvenuta (c.d. risoluzione privatistica).
In tali casi, è indispensabile che la documentazione cui si chiede di accedere sia collegata alla situazione giuridica tutelanda (cioè all’inadempimento che si ha fondato motivo di ritenere sussistente), proprio per quanto si è prima detto circa la necessità che tale situazione preceda o, meglio, motivi l’accesso stesso, pur non dovendo necessariamente sfociare, la domanda, in un esito contenzioso.
Dunque, in definitiva, nei contratti pubblici l’accesso agli atti è consentito non solo nella fase di aggiudicazione, esplicitamente presa in considerazione e disciplinata dall’art. 53, comma 1, del d.lgs n. 50 del 2016, ma anche nella fase di esecuzione, a condizione che si versi in una delle circostanze espressamente richiamate dalla Adunanza Plenaria e che sussista un interesse a conoscere basato su una situazione di fatto preesistente all’istanza di accesso.