La sentenza della Cassazione Civile, sez. I, 7 giugno 2012, n. 9246, ha affrontato il tema del principio di immodificabilità del prezzo convenuto “a corpo” e dei suoi limiti nell’eventualità di varianti disposte dalla stazione appaltante. Come noto, ai sensi dell’art. 53, comma 4, D.Lgs. 163/2006, per le prestazioni a corpo il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità delle prestazioni (per le prestazioni a misura, invece, il prezzo convenuto può variare, in aumento o diminuzione, secondo la qualità effettiva della prestazione).
La distinzione tra le suddette due tipologie di appalto assume rilevanza nella fase esecutiva del rapporto conseguente alla stipulazione del contratto, nel senso che nell’appalto “a misura” il corrispettivo può variare in più o in meno rispetto all’ammontare pattuito in funzione della maggiore o minore quantità di lavoro eseguito; nell’appalto “a corpo” il prezzo convenuto è fisso ed invariabile in quanto riferito all’opera considerata globalmente, senza che nessuna delle parti contraenti possa pretendere una modifica del prezzo convenuto, sulla base di una verifica delle quantità delle lavorazioni effettivamente eseguite.
Ne consegue che l’offerente formula la propria offerta economica dopo avere determinato, sulla base dei grafici di progetto e delle specifiche tecniche contenute nel capitolato speciale d’appalto, i fattori necessari per la realizzazione dell’opera finita in ogni sua parte (quantità e costi dei materiali occorrenti, produttività e costi delle maestranze, ecc.). Ne discende, ancora, la immodificabilità del prezzo “a corpo”, con assunzione da parte dell’appaltatore dell’alea rappresentata dalla maggiore o minore quantità dei fattori produttivi che si rendano necessari rispetto a quella prevista nell’offerta. Tuttavia, al fine di preservare l’equilibrio contrattuale è necessario che l’appaltatore, al momento dell’offerta, possa correttamente rappresentarsi tutti gli elementi che possono influire sulla sua previsione di spesa: solo in tal caso, infatti, si può ragionevolmente ritenere che la (eventuale) maggiore onerosità dell’opera rientri nell’alea normale del contratto (diversamente verrebbe “stravolta” la natura del contratto di appalto avente natura commutativa e non aleatoria).
Proprio la considerazione da ultimo svolta spiega agevolmente il perché il criterio di determinazione del prezzo “a corpo” sia applicabile solo alle opere inizialmente concordate, previste nei progetti esecutivi e di dettaglio forniti dalla committente, e non già per i lavori nuovi, diversi ed ulteriori rispetto a quelli indicati nel contratto, di tal che il criterio di determinazione del corrispettivo non è riferibile ai lavori c.d. extracontrattuali (Cass. civ., sez. II, 8 maggio 2007, n. 10530). Ed infatti, ai sensi dell’art. 1661 c.c., l’appaltatore ha diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti, anche se il prezzo dell’opera è stato determinato globalmente. In sostanza, il progetto (caratterizzato dai disegni esecutivi e dalle specifiche tecniche) costituisce un fondamentale elemento di riferimento nel contratto di appalto con corrispettivo “a corpo”: e ciò si ricava proprio dalla lettura dell’art. 1661 c.c., laddove, è appunto prevista, come causa di derogabilità alla immodificabilità del prezzo, la variazione tipologica e dimensionale dell’opera.
Nel caso di specie era accaduto che la stazione appaltante aveva contestato il criterio di calcolo delle lavorazioni relative ad una perizia di variante e la Corte di Appello aveva sostanzialmente operato una rideterminazione “a misura” del compenso per tutti i lavori eseguiti, mediante applicazione del prezzo unitario offerto dall’appaltatore moltiplicato per le quantità effettivamente realizzate. Ebbene, la Suprema Corte ha cassato tale decisione osservando, con argomentazioni assolutamente condivisibili, che trattandosi di appalto “a corpo”, solo le varianti potevano essere determinate “a misura”, limitatamente alle quantità variate, mentre le parti di opere rimaste invariate dovevano essere compensate secondo il prezzo “a corpo” offerto dall’appaltatore indipendentemente dalla loro effettiva misura.
La Corte ha precisato che, per questa tipologia di appalti, “i lavori in variante possono essere disposti esclusivamente per le opere in più o in meno rispetto alle previsioni di progetto con la conseguenza che la perizia di variante non deve rielaborare le quantità dei lavori non interessanti le variazioni supplementari o riduttive, anche se le quantità originarie, previste nei computi metrici del progetto, sono di valore differente rispetto alle quantità risultanti in fase di esecuzione”. In buona sostanza, e ciò costituisce il punto cardine della decisione, la presenza del computo metrico non muta affatto la natura dell’appalto “a corpo” in appalto “a misura”, avendo essa rilievo nella fase precontrattuale ai fini della rappresentazione dell’oggetto del contratto da parte dei contraenti, senza però incidere direttamente sulla determinazione del prezzo che è quello globale offerto dall’appaltatore. Ed infatti, il richiamo ai prezzi unitari e ai calcoli contenuti nel computo metrico non ha altro valore che di semplice traccia indicativa delle modalità di formazione del prezzo globale, destinata a restare nella fase precontrattuale e fuori dal contenuto del contratto.
In definitiva, per l’appaltatore che partecipi alla gara per l’affidamento dell’appalto sono vincolanti esclusivamente il capitolato speciale e il progetto dell’opera. Se anche nelle analisi per la formazione dei prezzi di tariffa e nei computi metrici fosse presente un errore, non vi sarebbe infatti titolo per chiederne la revisione, perché ciò che conta è solo il prezzo posto a base di gara dalla stazione appaltante che l’appaltatore è libero di accettare; e se lo accetta, esso è vincolante, indipendentemente dall’esattezza o meno degli elementi valutati ai fini della sua formazione. Se così non fosse, verrebbe meno la funzione del prezzo “a corpo” che è quella di predeterminare il corrispettivo per l’opera nel suo insieme e non per le quantità di lavoro occorrenti alla sua esecuzione.
Focus di Giurisprudenza a cura degli avv.ti Cesare Loria e Luigi Cesaro